Eschilo

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Giosanto
view post Posted on 28/10/2007, 19:39




Nato a Eleusi intorno al 525 a.C., di famiglia nobile, fu testimone della fine della tirannia dei Pisistratidi ad Atene, nel 510 a.C.. Combatté contro i persiani nelle battaglie di Maratona (490 a.C.), di Salamina (480 a.C.) e di Platea (479 a.C.).

A proposito della battaglia navale di Salamina, di cui il poeta dà il resoconto ne I Persiani, è interessante notare come la tradizione assegni lo stesso giorno, sulla stessa isola, alla nascita di Euripide. Nello stesso periodo, si dice, il giovane Sofocle intonava i primi peana.

Alcune delle sue opere, come I Persiani o Sette contro Tebe, devono molto alla sua esperienza nelle guerre persiane. Fu anche il solo testimone tra i grandi poeti greci classici dello sviluppo della democrazia ateniese. Le supplici contiene il primo riferimento che sia giunto fino ad oggi di una forma di governo definita come «potere del popolo». Nelle Eumenidi, la rappresentazione della creazione dell'areopago, tribunale incaricato di giudicare gli omicidi, sembra un implicito sostegno alla riforma di Efialte, che nel 462 a.C. trasferì i poteri politici dall'areopago al consiglio dei cinquecento.

Dopo la rappresentazione dell'Orestea, si recò a Siracusa, rispondendo all'invito del tiranno Gerone, dove fece rappresentare I Persiani e scrisse le Etnee in onore della nuova città.

Eschilo fu probabilmente iniziato ai misteri eleusini, come farebbe intendere Aristofane nella commedia Le Rane, e secondo alcune leggende sarebbe stato persino processato per empietà, dopo averne rivelato i segreti, e questa sarebbe la causa del suo secondo esilio a Gela, in Sicilia, dove morì.

Nel 468 a.C. fu vinto ad Atene da Sofocle, ancora un esordiente, ma si rifece con la sua ultima vittoria ottenuta grazie alla rappresentazione dell'Orestea. Morì a Gela, in Sicilia, nel 456 a.C. e sul suo epitaffio non furono ricordate le sue vittorie poetiche, ma i meriti come combattente a Maratona. Vuole la leggenda che un'aquila avrebbe lasciato cadere, per spezzarla, una tartaruga sulla sua testa, scambiandola, data la calvizie, per una pietra.
Dopo la sua morte ricevette dai suoi contemporanei molti riconoscimenti, il più grande dei quali fu la rappresentazione postuma delle sue tragedie, all'epoca segno di eccezionale onore.

Eschilo viene considerato il vero padre della tragedia antica. Regista, oltre che poeta, a lui viene attribuita l'introduzione di maschera e coturni, inoltre è con lui che prende l'avvio la trilogia, o "trilogia legata". Le tre opere tragiche presentate durante l'agone erano appunto "legate" dal punto di vista contenutistico; nell'Orestea, ad esempio, (unica trilogia pervenutaci per intero) viene messa in scena la saga della stirpe degli Atridi, dall'uccisione di Agamennone alla liberazione finale del matricida Oreste.

Introducendo un secondo attore (precedentemente, infatti, sulla scena compariva un solo attore alla volta)(come ci testimonia Aristotele, Poetica, 49a), rese possibile la drammatizzazione di un conflitto. Da questo momento fu infatti possibile non solo esprimere la narrazione tramite dialoghi, oltre che monologhi (aumentando il coinvolgimento emotivo del pubblico e la complessità espressiva), ma anche iniziare un percorso che, col tempo, permetterà alla tragedia di esprimere delle narrazioni in fieri anziché un insieme di scene statiche.
La rappresentazione della tragedia assume una durata definita (dall'alba al tramonto, nella realtà come nella finzione), e nella stessa giornata viene presentata una trilogia, nella quale le tre parti sono "puntate" della medesima storia. Da notare anche la progressiva riduzione dell'importanza del coro, che prima rappresentava una continua controparte all'attore.
Per esempio, in una delle tragedie più antiche che ci siano pervenute, Le supplici, il coro ha ancora una parte preponderante, nonostante la presenza dei due attori (uno dei quali rappresenta in successione due personaggi), l'impianto è ancora quello di un inno sacro, scarno di elementi teatrali.

Facendo un confronto con la più tarda Orestea, unica trilogia giunta fino a noi nella sua interezza, notiamo un'evoluzione e un arricchimento degli elementi propri del dramma tragico: dialoghi, contrasti, effetti teatrali. Questo si deve anche alla competizione che il vecchio Eschilo deve sostenere nelle gare drammatiche: c'è un giovane rivale, Sofocle, che gli contende la popolarità, e che ha introdotto un terzo attore, ha complicato le trame, sviluppato caratteri più umani, nei quali il pubblico può identificarsi.

Tuttavia, anche accettando in parte, e con riluttanza, le nuove innovazioni (tre personaggi compaiono contemporaneamente solo nelle Coefore, e il terzo parla solo per tre versi), Eschilo rimane sempre fedele ad un estremo rigore, alla religiosità quasi monoteistica (Zeus, nelle opere di Eschilo, è rappresentato talvolta come un tiranno, talvolta come un dio onnipotente, con qualche somiglianza con il biblico Yahweh). In tutte le sue tragedie, lo stile è potente, pieno di immagini suggestive, adatto alla declamazione. Nonostante i personaggi di Eschilo non siano sempre unicamente eroi, quasi tutti hanno caratteristiche superiori all'umano. Se ci sono elementi reali, questi non sono mai rappresentati nella loro quotidianità, ma in una suprema sublimazione.

 
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Giosanto
view post Posted on 29/10/2007, 00:01




L'Orestea è una trilogia (formata dalle tragedie Agamennone, Coefore, Eumenidi e seguita dal dramma satiresco Proteo) con cui Eschilo vinse gli agoni tragici (ossia concorsi per rappresentazioni teatrali) di Atene, chiamati Grandi Dionisie, nel 458 a.C.

Delle trilogie di tutto il teatro greco classico, è l'unica che ci sia pervenuta per intero. In questo periodo, Atene è al culmine dell'egemonia economica e militare. Le tragedie che la compongono rappresentano, in tre episodi, un'unica storia, le cui radici affondano nella tradizione mitica dell'antica Grecia: l'assassinio di Agamennone da parte della moglie Clitemnestra, la vendetta del loro figlio Oreste, che uccide la madre, la follia del matricida e la sua redenzione finale ad opera del tribunale dell'Areopago
 
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Giosanto
view post Posted on 29/10/2007, 12:20




Agamennone

Agamennone, alla partenza per la guerra non ha venti favorevoli e quindi per propiziarsi gli dèi (in particolare Diana dea dei venti) aveva fatto uccidere la figlia Ifigenia, di bellezza eccezionale. In realtà Ifigenia viene sostituita con una cerva all'ultimo momento e trasportata in terre lontane dalla dea Artemide, ma questo nessuno lo viene a sapere. Si alzano i venti, la flotta alza le vele. Clitennestra decide la vendetta, convincendo il cugino del marito, Egisto, suo amante, ad aiutarla in tale impresa. La prima tragedia della serie narra quindi dell'omicidio di questi e di Cassandra, di ritorno dalla Guerra di Troia, da parte della moglie Clitennestra, che con l'aiuto di Egisto cattura con una rete e uccide il marito.

Prologo (vv. 1-39): Il monologo della sentinella appostata sul tetto della casa degli Atridi (per ordine della stessa Clitemnestra) che veglia da quasi un anno aspettando il segnale luminoso che annuncerà la caduta di Troia e quindi il ritorno di Agamennone. Si lamenta delle fatiche che sopporta ormai da molto quando avvista il segnale ed esce per avvisare la regina.

Parodo (vv. 40-257): entra il coro, formato dai vecchi di Argo, che si chiede se Agamennone stia davvero tornando e rievoca gli antefatti della spedizione. Viene narrato il prodigio nefasto delle due aquile (gli Atridi) che uccidono una lepre pregna (Troia), interpretato correttamente da Calcante, come la guerra contro Troia e l’ira di Artemide. C’è poi il cosiddetto "inno a Zeus" (vv. 160-183). Continua la narrazione con la descrizione della flotta achea bloccata in Aulide, del dissidio interno di Agamennone che poi si convince a sacrificare la figlia e dello struggente sacrificio.

Primo episodio (vv. 258-354): Clitennestra entra in scena, il coro inizia un dialogo con lei chiedendole se è vero che Troia è caduta o se sia solo un sogno della regina. Clitennestra spiega tutto il percorso del segnale luminoso da Troia ad Argo poi esce.

Primo stasimo (vv. 355-488): il coro intona un inno a Zeus che è lodato come colui che punisce chi infrange la Giustizia, si parla del ratto di Elena, della punizione che colpirà i Troiani e dei morti della guerra, infine il coro dubita se la voce del ritorno sia vera.

Secondo episodio (vv. 503-680): entra in scena l’araldo che dopo aver invocato la terra patria e gli dèi dà notizia che Troia è caduta e che Agamennone sta tornando. È interrogato dal coro e riporta i disagi della guerra che però è finita con la vittoria achea. C’è poi un breve intervento di Clitemnestra che entra ed esce subito dopo (vv. 587-614): afferma di aver avuto ragione sul segnale e di voler aspettare il marito che in questo tempo ha servito con fedeltà. Il coro chiede poi notizie di Menelao e l’araldo afferma che la flotta al ritorno era stata colpita da una tempesta e che avevano perso le sue tracce, ma non dispera della sua sorte.

Secondo stasimo (vv. 681-781): il coro fa una riflessione sul nome di Elena (come “distruttrice di navi”), la paragona ad un leoncino allevato in una casa e che cresciuto ne causa la rovina (l’arrivo di Elena a Troia) e riflette sulla dike e sulla ate.

Terzo episodio (vv. 782-975): entrano su un carro Agamennone e Cassandra. Il coro si rivolge al re dicendogli che saprà riconoscere i sudditi che gli sono stati fedeli. Agamennone ringrazia gli dèi per la felice impresa. Entra Clitennestra che si presenta come sposa fedele che ha duramente sofferto durante l’assenza del marito e gli chiede di entrare a casa calpestando tappeti di porpora. Agamennone è infastidito dal dilungarsi di Clitemnestra e dal cerimoniale che vuole imporre. Clitennestra lo convince con ambigue parole a fare come lei vuole.

Terzo stasimo (vv. 976-1034): il coro ha sentore di morte.

Quarto episodio (vv. 1035-1330): Clitennestra entra per convincere Cassandra ad entrare, ma quella non risponde e lei riesce. Cassandra poi scende dal carro e vede la pietra di Apollo Agyieus e comincia a lanciare oscure grida ad Apollo, lamentando poi le disgrazie sue e della sua città. La profetessa presagisce un nuovo dolore che colpirà la già delittuosa casa di Atreo: Agamennone sarà ucciso da Clitennestra nella vasca da bagno. Il coro prima non capisce intervenendo con sporadiche battute, poi inizia a comprendere. Cassandra poi descrive meglio le sciagure passate degli Atridi, la storia di come è diventata profetessa, preannuncia il delitto che compirà Clitennestra e profetizza la vendetta di Oreste. Quindi esce.

Quarto stasimo (vv. 1331-1371): il coro sente provenire da dentro la casa le grida di Agamennone colpito a morte e i vari corifei si interrogano su cosa fare, quando esce Clitemnestra con accanto i cadaveri del marito e di Cassandra.

Esodo (vv. 1371-1673): Clitennestra entra trionfale dichiarando il suo omicidio e la giustizia che lei stessa ha portato, vendicando la morte di Ifigenia e l’oltraggio che Agamennone le ha arrecato portando a casa Cassandra. Il coro auspica di morire, maledice Elena e Clitennestra, si lamenta per la sorte toccata al re e se avrà un funerale. Entra Egisto con alcune guardie del corpo che esulta per la fine del re e per aver quindi vendicato gli oltraggi subiti dal padre Tieste. Il coro lo maledice ed Egisto lo minaccia con la prigione e la fame, essendo lui il nuovo signore di Argo. Il coro invoca il ritorno di Oreste ed Egisto dà alle guardie l’ordine di intervenire, ma sono bloccate da Clitennestra che non vuole che venga versato altro sangue. Clitennestra ed Egisto con vicino i cadaveri si beano della loro vittoria, mentre il coro esce di scena.



 
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