Battaglia di Gaugamela!

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Giosanto
view post Posted on 26/5/2007, 15:09




Nella Battaglia di Gaugamela nel 331 a.C. Alessandro Magno di Macedonia sconfisse Dario III di Persia. La battaglia è anche chiamata la Battaglia di Arbela.

Secondo Arriano:

Macedoni e Greci, comandati da Alessandro: 7.250 cavalieri e 40.000 fanti.
Persiani, comandati da Dario: circa 35.000 cavalieri (la maggior parte con armatura pesante), 200.000 fanti (inclusi 10.000 mercenari greci), 100 carri da guerra (carri falcati Sciti) e 50 elefanti da guerra indiani.
Il numero esatto dei Persiani è sconosciuto, ma è ragionevolmente certo che fossero molto superiori alle forze di Alessandro. Il numero qui riportato di 235.000 complessivi corrisponde alle stime più prudenti. Secondo altri commentatori, Dario avrebbe radunato circa 500.000 uomini; qualcuno, addirittura, ritiene il suo esercito forte di un milione di soldati.

Il problema è destinato a restare insoluto, almeno con le fonti documentarie a disposizione. Non bisogna dimenticare che disponiamo solo dei resoconti scritti dai vincitori: anzi, nemmeno di quelli originali (Tolomeo, Eumene di Cardia, i Bematisti), ma solo di opere di scrittori posteriori, vissuti in un mondo ellenistico che aveva ormai mitizzato Alessandro come il proprio eroe fondatore. È probabile che alcuni di questi possano aver "gonfiato" i numeri a favore dei Persiani per rendere più mirabile la vittoria del Macedone.

Dario scelse un'ampia pianura molto regolare (secondo alcune versioni, provvide lui stesso a farla levigare) dove avrebbe potuto dispiegare la sua cavalleria, più numerosa di quella del nemico, ed i suoi carri da guerra. Il sito della battaglia non è stato identificato con certezza. Probabilmente, la battaglia fu combattuta vicino ad una collina a forma di gobbe di cammello, da cui l'etimologia del nome: Tel Gomel o Tel Gahmal, o "Monte del Cammelo" in ebraico (cfr. etimologia della parola "cammello"). Altri traducono il nome come "stalla del cammello" (Plutarco: "casa del cammello", nella sua "Vita di Alessandro") ed associano il luogo con un qualche insediamento. L'opinione maggiormente accettata a proposito del sito è (36.36° N 43.25° E), ad est di Mosul nell'odierno Iraq settentrionale, come suggerito da Sir Aurel Stein nel 1938 (vedi il suo Limes Report, p.127). Dopo la battaglia Dario fuggì ad Arbela (l'odierna Arbil), situata a circa 100-120 km ad est.

Preludio
Nei due anni successivi alla Battaglia di Isso Alessandro occupò la costa meditteranea dalla Fenicia fino all'Egitto, dove si fece consacrare Faraone. Successivamente Alessandro avanzò dalla Siria verso la parte centrale dell'impero Persiano. Egli riuscì ad attraversare il fiume Eufrate ed il fiume Tigri senza incontrare nessuna opposizione

La battaglia
La battaglia ebbe inizio coi Persiani già presenti sul campo di battaglia.

Dario aveva reclutato la miglior cavalleria dalle sue satrapie e dagli alleati delle tribù scite. Egli schierò, inoltre, dei carri da guerra sciti, per favorire i quali aveva fatto preparare il terreno libero davanti alle sue truppe. Inoltre aveva nel suo esercito anche 50 elefanti Indiani supportati dai carri da guerra indiani, anche se sembra che questi non abbiano avuto alcun ruolo nella battaglia.

Prima della battaglia Dario ordinò che si rimuovessero arbusti e cespugli dal campo di battaglia, per aumentare l'efficacia dei suoi carri da guerra.

Dario si mise nel mezzo del suo esercito circondato dalle sue migliori truppe, com'era tradizione dei Re Persiani. Alla sua destra stavano i cavalieri Carii, i Mercenari Greci e le Guardie Persiane a Cavallo. Tra il centro e l'ala destra dello schieramento sistemò le Guardie Persiane a Piedi (conosciuti come Immortali dai Greci), la Cavalleria Indiana e gli arcieri Mardiani.

La cavalleria era schierata su tutte e due le ali. Besso comandava l'ala sinistra, in cui erano i cavalieri Battriani, Daha, Aracrosiani, Persiani, Susi, Cadusi e Sciti. I carri furono posizionati davanti a questi con un piccolo gruppo di Battriani.

Mazeo comandava l'ala destra, composta dai cavalieri Siri, Medi, Mesopotamici, Parti, Saci, Tapuri, Ircani, Albani, Sacesini, Cappadoci e Armeni. I Cappadoci e gli Armeni erano schierati davanti alle altre unità di cavalleria e condussero l'attacco. Ai cavalieri Albani e Sacesini fu dato ordine di allargarsi per colpire il fianco sinistro dei Macedoni.

I Macedoni furono divisi in due, con la parte destra dell'esercito sotto il comando diretto di Alessandro e la parte sinistra affidata a Parmenione. Alessandro combatté con i suoi cavalieri scelti, accompagnato dai Peoni e dalla cavalleria leggera Macedone. La cavalleria mercenaria fu divisa in due gruppi, con i veterani disposti sul fianco destro e gli altri davanti agli Agriani ed agli arceri Macedoni, i quali erano situati a fianco della falange.

Parmenione era posizionato sulla sinistra con i Tessali, i mercenari Greci e le unità di cavalleria Tracia. Furono messi in quella posizione con l'ordine di compiere una manovra di contenimento, mentre Alessandro avrebbe assestato il colpo decisivo dalla destra.

Tra il centro e l'ala destra della formazione c'erano dei mercenari Cretesi. Dietro di loro c'era un gruppo di cavalieri Tessali, comandati da Filippo, e dei mercenari Achei. Alla loro destra c'era un'altra parte della cavalleria Greca alleata. Da lì si muoveva la falange, che era disposta su una linea doppia. Poiché il rapporto numerico fra le cavallerie era di 5 ad 1, e la linea formata dai Persiani superava di oltre un miglio quella della falange, sembrava inevitabile che i Macedoni sarebbero stati presi sui fianchi dai Persiani. La seconda linea aveva proprio l'ordine di combattere con qualsiasi unità nemica che si fosse affiancata a loro. Questa seconda linea consisteva prevalentemente di mercenari.

Durante la battaglia Alessandro adottò una strategia molto particolare, che è stata imitiata pochissime volte nella storia. Il suo piano era di attirare la maggior parte possibile della cavalleria persiana sui fianchi, allo scopo di creare un vuoto tra le linee nemiche attraverso il quale potesse essere lanciato un attacco decisivo al centro, contro Dario. Ciò richiedeva un tempismo ed una capacità di manovra a dir poco perfetti, ed avrebbe funzionato solo se il Gran Re avesse attaccato per primo. I Macedoni avanzarono con le ali scaglionate, disposte a formare angoli di 45° all'indietro, per spingere la cavalleria Persiana ad attaccare. Allo stesso tempo lentamente si muovevano verso destra. Alessandro spinse Dario ad attaccare (poiché sarebbero presto usciti dal terreno preparato per lo scontro) benché Dario non volesse essere il primo ad attaccare, avendo visto cosa era accaduto ad Isso contro una formazione simile. Alla fine Dario fu costretto ed attaccò.

Dario lanciò i suoi carri, alcuni dei quali furono intercettati dagli Agriani. Pare che l'esercito Macedone fosse stato addestrato ad una nuova tattica per contrastare il devastante attacco dei carri, se questi fossero penetrati nei loro ranghi. Le prime linee avrebbero dovuto spostarsi lateralmente, aprendo un vuoto. Il cavallo si sarebbe rifiutato di schiantarsi contro le lance delle schiere più avanzate e sarebbe entrato nella trappola, dove le lance delle seconde linee lo avrebbero fermato. I cocchieri sarebbero, allora, stati uccisi con facilità. Di fatto, i Macedoni riuscirono a fermare l'attacco dei carri.

Mentre i Persiani insistevano con il loro attacco ai fianchi dei Macedoni, Alessandro lentamente scivolava nella sua retroguardia. I Persiani lo seguirono in questa manovra, finché, finalmente, un vuoto si aprì tra l'ala sinistra di Besso e Dario, al centro, proprio quando Alessandro aveva gettato nella mischia contro i Persiani le sue ultime riserve a cavallo. Alessandro diede ordine alla sua cavalleria personale di disimpegnarsi e si preparò per l'attacco decisivo contro i Persiani. Continuando a marciare, dispose le sue unità come a formare un'enorme freccia, la cui punta era egli stesso. Dietro di se aveva la sua cavalleria personale e, poi, tutti i battaglioni della falange che riuscì a sottrarre alla battaglia. Ancora dopo, erano schierate delle truppe ausiliarie leggere.

Questa "grande freccia" attaccò al centro i Persiani, proprio dove erano più sguarniti, mettendo fuori gioco la guardia reale di Dario ed i mercenari Greci. Besso, sulla sinistra, si trovò separato da Dario e, temendo di essere attaccato anche lui da quella formazione, cominciò a ritirare le sue truppe. Anche Dario rischiava di restare isolato: a questo punto, le varie fonti differiscono su cosa accadde. Secondo l'opinione più diffusa, Dario andò in rotta e fuggì, ed il resto dell'esercito lo seguì. Ma l'unica fonte contemporanea a noi nota, un diario astronomico babilonese scritto nei giorni della battaglia, dice:

Il ventiquattresimo [giorno del mese lunare], nel mattino, il re del mondo [cioè, Alessandro] [ha instaurato il suo] ordine [lacuna]. Opposti l'uno all'altro, combatterono ed una pesante sconfitta delle truppe [del re fu inflitta da lui]. Il re [cioè, Dario], le sue truppe lo hanno abbandonato ed alle loro città [sono tornate]. Sono fuggite nella terra del Guti. [1]
Diodoro concorda con questa versione, confermandone la validità. Sembrerebbe il resoconto più verosimile della battaglia.

A quel punto, comunque, Alessandro non poté inseguire Dario poiché ricevette una disperata richiesta d'aiuto da Parmenione (un evento che sarebbe stato usato, in seguito, da Callistene ed altri per screditare Parmenione).

Mentre i Macedoni cercavano di tamponare l'offensiva sul fianco sinistro, un vuoto si aprì anche nelle loro linee, tra l'ala sinistra ed il centro. Le unità di cavalleria Persiane ed Indiane posizionate al centro con Dario vi irruppero. Invece di attaccare la falange di Parmenione da dietro, però, questi proseguirono verso l'accampamento per fare razzie. Tornando indietro, sarebbero incocciati nella cavalleria personale di Alessandro, cosa che porto alla morte di oltre 60 cavalieri macedoni.

Nel frattempo, dopo che Dario, al centro, fu andato in rotta, anche Mazeo cominciò a ritirare le sue forze, come già faceva Besso. Però, a differenza di quest'ultimo, Mazeo e le sue truppe si disunirono e, mentre fuggivano, subirono la carica dei Tessali e di altre unità di cavalleria Macedoni.

Dopo la battaglia, Parmenione circondò la carovana reale persiana, mentre Alessandro e la sua guardia personale inseguirono Dario sperando di catturarlo. Come ad Isso, dopo la battaglia i Macedoni si appropriarono di un cospicuo bottino: infatti, depredarono circa 4.000 talenti, come pure il carro e l'arco personali di Dario. Anche gli elefanti da guerra furono catturati.

Dario riuscì a fuggire dalla battaglia con un piccolo nucleo delle sue forze ancora intatte. Besso ed i cavalieri Battriani riuscirono a riunirsi a lui, come pure alcuni sopravvissuti della guardia reale e 2.000 mercenari Greci.

Alla fine della battaglia, i Macedoni contarono tra le proprie fila più di 1.200 tra morti e feriti; le perdite tra i Persiani furono in numero circa pari a 53.000.

Conseguenze
A questo punto l'Impero Persiano era diviso in due parti: una orientale ed una occidentale.

Alessandro avrebbe continuato a proclamarsi Gran Re.

Dario, invece, nel corso della sua fuga, radunò ciò che rimaneva del suo esercito. Progettò di dirigersi ancora più ad Est e di raccogliere un nuovo esercito per affrontare Alessandro, mentre quest'ultimo ed i Macedoni si dirigevano verso Babilonia. Allo stesso tempo, spedì lettere alle sue satrapie orientali chiedendo loro di restargli fedeli.

 
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