| Inizi della carriera Nel 134 a.C. si distinse per le notevoli attitudini militari dimostrate in occasione dell'assedio di Numanzia, in Spagna, tanto da farsi notare da Publio Cornelio Scipione Emiliano (in seguito soprannominato Emiliano o Africano Minore). Non è dato sapere con certezza se venne in Spagna al seguito dell'esercito di Scipione, oppure se si trovasse già in precedenza a servire nel contingente che, con scarso successo, da tempo cingeva d'assedio Numanzia. Sta di fatto che Mario parve fin dall'inizio molto interessato a far carriera politica in Roma stessa. Infatti si candidò per la carica di tribuno militare di una delle 4 prime legioni (in tutto i tribuni elettivi erano 24, mentre tutti gli altri venivano nominati dai magistrati preposti agli arruolamenti). Lo storico Sallustio ci informa che il suo nome era del tutto sconosciuto agli elettori, ma che alla fine i rappresentanti delle tribù lo elessero per merito del suo eccellente stato di servizio. Successivamente si ha notizia di una sua candidatura alla carica di questore ad Arpino, forse conseguente ad un'estromissione dalle cariche da lui qui precedentemente ricoperte. Queste informazioni sono contraddittorie e difficili da interpretare: il fatto che aspirasse a diventare tribuno dimostra come egli fosse più interessato alla politica della capitale che non a quella del paese di origine. È probabile che egli utilizzasse le posizioni di comando ad Arpino per raccogliere dietro di sé un consistente numero di seguaci su cui fare affidamento per le successive mosse che aveva in animo di compiere. Tuttavia sono solo congetture in quanto nulla si conosce della sua attività come questore.
Nel 120 a.C. Mario fu confermato tribuno della plebe per il 119 a.C.. A quanto sembra aveva già concorso alla carica nel 121 a.C., ma senza successo. Un ruolo determinante ebbe, nell'occasione, il sostegno del suo patrono, l'influente Cecilio Metello, circostanza questa che conferma la tesi secondo cui la famiglia di Mario non era affatto di umili origini. Durante il suo tribunato Mario perseguì una linea vicina alla fazione dei popolari, facendo in modo che venisse approvata, fra l'altro, una legge che limitava l'influenza delle persone di censo elevato nelle elezioni. Negli anni intorno al 130 a.C. si era introdotto il metodo del ballottaggio scritto nelle elezioni per le nomine dei magistrati, per l'approvazione delle leggi e per l'emanazione delle sentenze legali, in sostituzione del metodo tradizionale di votazione orale. Poiché i nobiles cercavano sistematicamente di influenzare l'esito dei ballottaggi con la minaccia di controlli ed ispezioni, Mario fece approvare un'apposita legge per far costruire uno stretto corridoio da cui i votanti dovevano passare per depositare il proprio voto nell'urna al riparo dagli sguardi indiscreti degli astanti. In conseguenza di ciò Mario si alienò la potente gens dei Metelli, che da quel momento in poi diventarono suoi fieri oppositori.
Successivamente Mario si candidò per la carica di edile curule (magistratura romana solitamente riservata ai patrizi e incaricata della realizzazione di opere pubbliche). Avendo perso l'elezione, ritentò presentandosi la seconda volta come edile plebeo, ma ancora senza successo. Plutarco riferisce che le due elezioni ebbero luogo nello stesso giorno, ma gli storici moderni ritengono la cosa molto improbabile, per ragioni organizzative. Nel 116 a.C. riuscì, di stretta misura, a farsi eleggere pretore per l'anno successivo (a quanto pare si classificò solo al sesto posto), e fu immediatamente accusato di brogli elettorali (il termine latino è ambitus.) Riuscito a malapena a farsi assolvere da questa accusa, esercitò la carica in Roma per un anno senza che si verificassero avvenimenti degni di particolare menzione. Fu pretore urbano (praetor urbanus) e anche pretore itinerante (praetor peregrinus), in pratica presidente della commissione preposta alla riscossione dei tributi fuori da Roma. Nel 114 a.C. il mandato (imperium) di Mario fu prorogato, e gli fu assegnato il governo della Spagna ulteriore, o Lusitania, nel territorio dell'odierno Portogallo, dove fu necessario intraprendere alcune campagne militari di secondaria importanza. Sembra che la carica di governatore in Spagna a quel tempo durasse due anni, e infatti fu sostituito nel 113 a.C..
Al suo rientro a Roma non gli fu concesso il trionfo e, a quanto pare, non si candidò nemmeno al consolato. Tuttavia si sposò con Giulia, zia di Giulio Cesare. La gens Giulia era una famiglia patrizia di antichissime origini (faceva risalire il proprio patriarca a Iulo, figlio di Enea), ma, nonostante ciò, i suoi appartenenti avevano avuto tradizionalmente notevoli difficoltà a ricoprire cariche più elevate di quella di pretore (solamente una volta, nel 157 a.C. un Giulio Cesare era stato console). A giudicare da questo matrimonio si dovrebbe dedurre che Mario aveva raggiunto una ragguardevole posizione nella scala sociale. Suo figlio nacque nel 109 (o 108) a.C., quindi il matrimonio probabilmente fu contratto nel 110 a.C..
|