| I comandanti. Pausania: Nipote di Leonida, eroe delle Termopili (caduto proprio contro i persiani), Pausania era il re momentaneo di Sparta poichè tutore di Plistarco (figlio dello stesso Leonida), re di diritto, ma ancora minorenne. Questa situazione gli garantì il comando di tutte le milizie alleate, ma non gli attribuì certo il ruolo di protagonista che forse si aspettava. I veri vincitori furono infatti i fanti cittadini, gli Opliti. Non risulta infatti, che il condottiero ellenico abbia dato una svolta alla guerra grazie ad azioni dettate da indiscutibile intuito tattico. Di sicuro si sa che Pausania, dopo la vittoria di Platea, guidò la flotta greca alla conquista del Bosforo e da allora i suoi interessi politici intrapresero una strada volta all'oriente in netto contrasto con la mentalità sobria e guerriera, tipica degli spartani. Questo atteggiamento lo costrinse a ritornare in patria ma, tornato in seguito nello stretto dei Dardanelli per insediarvisi, intrecciò strani e complicati rapporti politici con i persiani, che gli assicurarono anche l'antipatia ateniese. Questi ultimi infatti riuscirono, poco dopo il 471 a.C., a ottenere il permesso da Sparta per cacciarlo dai Dardanelli. Pausania decise così di tornare ancora una volta in patria, in questo caso per prendere il potere, sostenuto dall'appoggio degli Iloti1 e di Temistocle (anch'egli bandito da Atene), nel tentativo di rovesciare il governo oligarchico che si era eretto a comando della città. Ma fu ancora una volta sconfitto politicamente e condannato per tradimento (visti i suoi contatti con i persiani). Tentò di salvarsi la vita rifugiandosi nel tempio di Atena, ove non poteva essere toccato per tradizione, ma venne ugualmente murato vivo.
1Gli iloti erano gli schiavi spartani appartenenti allo stato
Mardonio: La figura di questo condottiero persiano risale solo e unicamente alle guerre persiane stesse. Genero o nipote di Dario I, nel 492 a.C. fu incaricato dallo stesso re di muovere geurra alla Grecia e di porre sotto il controllo persiano tutto l'Egeo settentrionale e la Tracia. Mardonio in effetti, cominciò bene la sua avventura da comandante conquistando da subito l'isola di Taso, ma non ebbe grande fortuna in seguito. Perse ben 300 navi a causa di una Tempesta che colse la sua flotta vicino al monte Athos, costringendolo al rientro. Da come li descriveva il poeta Erodoto, i persiani, avevano come caratteristiche fondamentali le seguenti: grande abilità a cavallo e con l'arco; erano portatori di grande sincerità; ma soprattutto un grande coraggio in battaglia. Mardonio sicuramente era fornito di grandissimo coraggio (come molti dei condottieri persiani preferì morire in battaglia anzichè indietreggiare), ma era carente in sincerità. Racconta infatti Erodoto che al suo re Serse, Mardonio riferì che in realtà i greci fossero assai meno temibili del previsto, forse perchè, secondo lui, sceglievano il campo di battaglia più per la bellezza del paesaggio che per la sua praticità. Queste erano opinioni che andavano in controtendenza con quello che si raccontava in Persia dei greci, ma soprattutto era una grande falsità che il comandante scoprirà e pagherà a carissimo prezzo mostrandoci anche il suo vero carattere: accanto al coraggio si celava una grandissima presunzione.
Gli eserciti: L'esercito persiano Il fulcro dell'esercito persiano era formato, come ovvio, da fanti cavalieri e ufficiali di nazionalità Iranica. Come completamento di questo centro, venivano richieste alle varie province imperiali ausiliari armati, navi e marinai (in caso di guerra sul mare), o ancora cavalli e sussidi logistici a seconda delle esigenze. Queste truppe, che possiamo definire d'appoggio, provenivano da ogni parte del mondo persiano, Erodoto cita ben 47 nazionalità differenti in campo, di cui ognuna con ufficiali, lingue e usanze militari diverse, ma con un elemento comune, l'attrezzatura militare di bassissimo livello. Le truppe d'elite degli iranici dovevano avere un ottimo equipaggiamento sia per la difesa che per l'attacco, ed essendo stati tra le popolazioni che discendevano dai primi domatori del cavallo, erano maestri assoluti nelle cariche, preparate dalla distanza con i colpi sferrati dagli arcieri. La fanteria Iranica non doveva essere da meno, composta com'era dai famosi 10.000 "immortali" che discendevano dalle 10 tirbù Iraniche originarie. La tattica di guerra persiana era quindi basata sulla mobilità e potenza di carica della cavalleria, e sulla grande precisione degli arcieri.
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L'esercito greco I greci, a differenza dei persiani, non avevano un fulcro fisso sul quale contare in caso di guerra. Infatti la milizia di ogni pòlis era formata dai cittadini (contadini o commercianti) che scendevano in campo per difendere la propria città, ma non sempre a lungo a causa delle loro occupazioni. La guerra quindi per i greci doveva avere durata assai breve, ed in battaglia si era tutti legati ad un vincolo di fratellanza maturato tra le persone nelle comunità originarie da cui vivevano. Negli scontri interni tra le città si andò consolidando, secondo l'ideale di compattezza, una formazione detta Falange ("rullo"). Era formata da fanti armati pesanemente, detti Opliti, che disponevano di questa attrezzatura (panoplia): elmo, corazza anatomica, schinieri di bronzo, scudo rotondo di legno rivestito di cuoio e rinforzato di ferro ai bordi, spada e una lunga e solida lancia. Per quanto riguarda la cavalleria, era praticamente inesistente sul fronte greco poiché difficilmente manovrabile sui paesaggi montuosi della Grecia. Gli ausiliari erano numerosi ma svolgevano un ruolo marginale nella battaglia, che invece era appannagio di coloro che avevano i mezzi economici per fornirsi della panoplia. Gli eserciti che si affrontavano sceglievano generalmente un luogo pianeggiante, e prima di combattere compivano sacrifici in onore degli dèi. A questo punto si schieravano su 8 file, scudo su scudo, con le lance puntate verso il nemico e occupando uno spazio complessivo di circa 150 metri. Quindi si lanciavano in una spaventosa carica dritti per dritti contro l'avversario. Ad impatto avvenuto le prime file opposte, quelle subito dietro dovevano pressare i compagni in avanti, con le lance puntate sugli scudi, nel tentativo di ferire i nemici e schiacciare così le prime file e la falange intera. Quando si produceva un varco nella falange avversaria, l'allargavano con gli scudi fino a che non risultava sfaldato, in modo che gli uomini meno esperti della formazione (i più giovani generalmente posti nelle ultime file) venivano colti dal panico e scappavano.
La formazione di battaglia greca, secondo Erodoto, era disposta nel seguente ordine (da destra a sinistra): Spartani, Tegesi, Corinzi, Potidesi, Trezeniesi, Lepresi, Micenei e Tirintesi, Fleasiani, Ermionesi, Eretriesi e Stiriani, Calcidesi, Ambraciesi, Lefcadiani e Anactoriani, Paliani da Cefalonia, Aeginiani, Megaresi e Ateniesi.
Secondo Erodoto Mardonio poteva contare su 300 000 Persiani. Tuttavia 50 000 effettivi sotto il comando di Artabazo non parteciparono alla battaglia poiché il loro comandante non condivise la tattica di Mardonio. Ctesia che scrisse nel IV secolo AC una storia della Persia basandosi sugli archivi Persiani, conteggiò 120 000 Persiani e 7 000 soldati Greci, ma collocò la battaglia prima di quella di Salamina. Questa discrepanza si deve probabilmente al fatto che la sua opera non ci è stata tramandata e ciò che si conosce di essa è solo un frammento citato nel Myriobiblos, che venne scritto dal patriarca di Costantinopoli Fozio nel IX Secolo DC.
La formazione a 300 000 è stata messa in dubbio da diversi storici moderni, che hanno dato formazioni minori a 50 000, a cominciare dal numero di Ctesia.
Cronistoria della battaglia Il generale persiano Mardonio aveva fortificato le rive del fiume Asopus nella Beozia, sperando che le polèis greche non si coalizzassero contro di lui. Gli Ateniesi inviarono 8.000 uomini e marciarono con le forze spartane verso il passo del monte Citerione, dove potevano porre una roccaforte che avrebbe fornito loro una difesa agevole delle incursioni dei Persiani. Mardonio inviò la cavalleria, comandata da Masistius, ad attaccare i Greci, sperando di attirarli verso la pianura o forse contando sulla possibilità che essa potesse avere successo nell'attacco alla falange greca sul terreno collinare. [1] Masistius incontrò una ferrea resistenza da parte dei soldati di Megara ed ateniensi, sotto il comando di Olympiodorus, al centro delle formazioni greche. Masistius venne ucciso e la sua cavalleria dovette ritirarsi. I Greci cominciarono allora ad allontanarsi dal passo verso la pianura di Platea, dove Mardonius aveva costruito un campo fortificato; lì gli opliti greci avevano la possibilità di combattere in formazioni lineari. Gli Ateniesi formarono l'ala sinistra dello schieramento, mentre gli Spartani si trovavano sull'ala destra ed i tegeani in mezzo.
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