Mata Hari.

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Giosanto
view post Posted on 2/1/2008, 22:12




Mata Hari, nome d'arte di Margaretha Geertruida Zelle (Leeuwarden, Olanda, 7 agosto 1876 - Vincennes, 15 ottobre 1917), fu una ballerina esotica olandese, accusata di spionaggio e condannata alla pena capitale durante la prima guerra mondiale.

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Margaretha nacque nella famiglia, di origine ebrea, di Adam Zelle e di Antje van der Meulen, ed ebbe tre fratelli, il maggiore, Johannes, e due fratelli gemelli, Ari e Cornelius; la sua carnagione bruna, i capelli e gli occhi neri la differenziano dalla norma dei suoi conterranei. Il padre ha un negozio di cappelli ed è proprietario di un mulino e di una fattoria e, anche se tende a spendere troppo, la sua famiglia vive molto agiatamente in un antico e bel palazzo di Groote Kerkstraat, nel centro della città e Margaretha può frequentare una scuola prestigisa.

Nel 1889 gli affari del padre iniziano ad andare male ed egli è costretto a cedere la sua attività commerciale. Il dissesto economico provoca dissapori nella famiglia che portano, il 4 settembre 1890, alla separazione dei coniugi e al trasferimento del padre ad Amsterdam. La madre muore l'anno dopo e Margaretha è allevata dal padrino, nella cittadina di Sneek, il quale sceglie di farla studiare da maestra d'asilo in una scuola di Leyden. Sembra che le eccessive attenzioni, se non anche le molestie, del direttore della scuola, abbiano però spinto il suo padrino a toglierla dalla scuola, mandandola da uno zio che viveva a L'Aja.

Nel 1895 rispose all'inserzione matrimoniale di un ufficiale, il capitano Rudolph Mac Leod, nato nel 1856, che vive ad Amsterdam e, poiché soffre di diabete e di reumatismi, è in licenza di convalescenza dalle colonie indonesiane; l'11 luglio, ottenuto anche il consenso paterno - che tuttavia non partecipa alla cerimonia nuziale - Margaretha sposa il capitano Mac Leod. Dopo il viaggio di nozze a Wiesbaden, la coppia si stabilisce ad Amsterdam, nella casa di Louise, la sorella di Rudolph

Il 30 gennaio 1897 nasce un figlio, cui è posto il nome del nonno paterno, Norman John - Rudolph era di origine scozzese - e in maggio la famiglia s'imbarca per Giava, dove il capitano deve riprendere servizio nel villaggio di Ambarawa, nel centro della grande isola. L'anno dopo si trasferiscono a Teompoeng, vicino a Malang, dove il 2 maggio 1898 nasce la piccola Jeanne Louise, chiamata col vezzeggiativo Non, dal malese nonah, «piccola».

[1] La vita familire non è serena: vi sono litigi fra i coniugi, per la durezza della vita in villaggi che non conoscono gli agi delle moderne città europee: l'anno dopo il marito è promosso maggiore e comandante della piazza di Medan, sulla costa orientale di Sumatra. Come moglie del comandante, Margaretha fa gli onori di casa agli altri ufficiali che, con le famiglie, frequentano il loro alloggio, e conosce i notabili del luogo. Uno di questi la fa assistere per la prima volta a una danza locale, all'interno di un tempio, che l'affascina per la novità esotica delle movenze e delle musiche, che lei riesce a imitare molto bene. La famiglia viene sconvolta dalla tragedia della morte del piccolo Norman, che il 27 giugno 1897 muore avvelenato da una medicina somministrata dalla domestica indigena ai figli della coppia costretta dal marito, ma non si hanno prove che costei abbia voluto avvelenare i bambini. Rudolph, Margaretha e la piccola Non, che si è salvata, per sottrarsi a un luogo di tristi ricordi, ottengono di trasferirsi a Banjoe Biroe, nell'isola di Giava, dove Margaretha si ammala di tifo. Il maggiore Mac Leod, raggiunta la maturazione della pensione, il 2 ottobre 1900 dà le dimissioni dall'esercito: dopo poco più di un anno passato ancora a Giava, nel villaggio di Sindanglaja, cedendo forse alle richieste della moglie, ai primi del 1902 la famiglia fa ritorno in Olanda.

Sbarcati il 2 marzo 1902, i due coniugi tornano per breve tempo a vivere nella casa di Louise Mac Leod, poi per loro conto in un appartamento di van Breestraat 188: lasciata dal marito, che si è portato con sé la figlia, Margaretha chiede la separazione, che le viene accordata il 30 agosto, insieme con l'affidamento della piccola Non e il diritto agli alimenti. Dopo una breve riconciliazione, si separano nuovamente e questa volta il padre si tiene la bambina, mentre Margaretha si stabilisce dallo zio a L'Aja.

Decisa a tentare l'avventura della grande città, nel marzo del 1903 va a Parigi, dove pure non conosce nessuno: cerca di mantenersi facendo la modella presso un pittore e cercando scritture nei teatri ma con risultati alquanto deludenti. Il fallimento dei tentativi la convince a ritornare in Olanda ma l'anno seguente, il 24 marzo 1904 e nuovamente a Parigi. Vi sono forse maggiori probabilità di imporsi se si finge di non essere nel bisogno: per questo prende alloggio al Grand Hotel. Presentatasi dal signor Molier, proprietario di un'importante scuola di equitazione e di un circo, Margaretha, che in effetti ha imparato a stare a cavallo a Giava, si offre di lavorare e poiché un'amazzone può essere un'attrazione, è accettata. Ha successo e una sera si esibisce durante una festa in casa del Molier in una danza giavanese, o a qualcosa che sembra somigliarle: Molier è entusiasta.

Il debutto avviene nel febbraio 1905 in casa della cantante Kiréevsky, che invita i suoi ricchi amici e conoscenti per spettacoli di beneficenza e il successo è tale che i giornali ne parlano: Lady Mac Leod, come si fa chiamare, replica il successo in altre esibizioni, sempre tenute in case private, dove i veli del suo costume possono cadere più facilmente, e la sua fama di «danzatrice venuta dall'Oriente» ormai si estende a tutta Parigi.

Notata da monsieur Guimet, industriale e collezionista di oggetti d'arte orientale, questi le propone di esibirsi in place de Jéna, nel Museo di sua proprietà dove custodisce i suoi preziosi reperti, come un animato gioiello orientale. Occorre solo cambiare il suo nome, troppo borghese ed europeo: così Guimet scegli il nome, d'origine malese, di Mata Hari, «Occhio dell'Alba». Il 13 marzo, nel piccolo ma prezioso locale, al cui fondo, nella luce oscillante delle candele, una statua bronzea di Shiva dalle quattro braccia schiaccia col piede un piccolo demone, al suono delle musiche esotiche di un'orchestra nascosta, fra quattro ballerine severamente vestite di nero, Mata Hari, il seno fasciato e ingioiellato, muove sinuosamente le gambe, le braccia e il ventre, finché i veli, uno dopo l'altro, cadono a terra.

Mata Hari alterna le esibizioni tenute nelle case esclusive degli aristocratici e dei finanzieri agli spettacoli nei locali prestigiosi di Parigi, il Moulin Rouge, il Trocadéro, il Café des Nations; ma il successo provoca una curiosità cui non ci si può sottrarre e l'immagine privata deve collimare con l'immagine pubblica: «Sono nata a Giava e vi ho vissuto per anni» - racconta ai giornalisti mescolando poche verità e molte menzogne - «sono entrata, a rischio della vita, nei templi segreti dell'India [ ... ] ho assistito alle esibizioni delle danzatrici sacre davanti ai simulacri più esclusivi di Shiva, Visnù e della dea Kalì [ ... ] persino i sacerdoti fanatici che sorvegliano l'ara d'oro, sacra al più terribile degli dei mi hanno creduto una bajadera del tempio [ ... ] la vendetta dei sacerdoti buddisti per chi profana i riti [ ... ] è terribile [ ... ] conosco bene il Gange, Benares, ho sangue indù nelle vene». Sembra il racconto di chi riferisca episodi narrati nei feuilletons esotici alla Salgari.

Consacrata, il 18 agosto 1905, dopo l'esibizione al teatro dell'Olympia, come la «donna che è lei stessa danza», «artista sublime», e come colei che «riesce a dare il senso più profondo e struggente dell'anima indiana», è contesa tanto dai maggiori teatri europei quanto, in moglie, da ricchi e nobili pretendenti. La sua tournée in Spagna, nel gennaio 1906, è un trionfo: venendo incontro alla fantasia, ingenua e torbida insieme, su realtà di paesi del tutto sconosciuti, Mata Hari offre agli spettatori quanto il loro cattivo gusto si attende dalla sua danza: il fascino proibito dell'erotismo e la purezza dell'ascesi, in un assurdo sincretismo in cui la mite saggezza di un Budda è parificata ai riti sanguinari, per quanto inesistenti, di terribili dee indù.

D'altra parte, ella sembra avere un certo talento se è vero che la sua esibizione nel balletto musicato da Jules Massenet, Le roi de Lahore, all'Opéra di Monaco ottiene, il 17 febbraio, un grande successo e lei è salutata come «danzatrice unica e sublime» mentre il musicista francese, e anche Giacomo Puccini, si dichiarano suoi ammiratori. E da Monaco va a Berlino, dove si lega con un ricco ufficiale, Hans Kiepert, che l'accompagna a Vienna e poi a Londra e in Egitto. Escono intanto due sue biografie, una scritta dal padre, che esalta la figlia più che altro per esaltare se stesso, inventandosi parentele con re e principi, e quella, di opposte intenzioni, di George Priem, avvocato del suo ex-marito. Mata-Hari, naturalmente, conferma la versione del padre: l'ex-cappellaio è un nobile ufficiale, mentre sua nonna era una principessa giavanese; quanto a sé, ha viaggiato in tutti i continenti, è vissuta a lungo a Nuova Delhi, dove ha frequentato maharaja ed abbattuto tigri, come dimostra la pelliccia che indossa - in realtà acquistata in un negozio di Alessandria.

Il successo provoca imitazioni ma nessuna delle sue epigoni raggiungerà mai la sua fama mentre il suo nome è ormai accostato a quello delle maggiori vedettes del passato, come Lola Montez, e del presente, come la Bella Otero, e persino a Cléo de Mérode e a Isadora Duncan. Il 7 gennaio 1910 riscuote a Montecarlo nuove acclamazioni con la sua Danse du feu che non replica all'Olympia di Parigi solo perché le sue pretese economiche sono eccessive. Continua anche la consueta vita mondana che ha tregua quando, nell'estate, si trasferisce in un castello a Esvres, non lontano da Tours, che il suo nuovo amante, il banchiere Félix Rousseau, le ha messo a disposizione: di qui si trasferisce in un'altra proprietà del finanziere, una lussuosa villa di Neuilly, vicino Parigi.

Alla fine del 1911 raggiunge il vertice del riconoscimento artistico partecipando, al Teatro alla Scala di Milano, prima alla rappresentazione dell' Armida di Gluck, tratta dalla Gerusalemme liberata del Tasso, recitando la parte del Piacere e poi, dal 4 gennaio 1912, alle cinque rappresentazioni del Bacco e Gambrinus, un ballello di Giovanni Pratesi musicato da Romualdo Marenco, dove interpreta il ruolo di Venere. Il direttore dell'orchestra, Tullio Serafin, dichiara che Mata Hari «è una donna eccezionale, dall'eleganza perfetta e con un senso poetico innato; inoltre, sa ciò che vuole e sa come ottenerlo. Ella così fa della propria danza una sicura opera d'arte»

In realtà, il Teatro milanese attraversava un periodo di decadenza e i tentativi, fatti in quell'occasione da Mata Hari, di ottenere collaborazione da musicisti come Umberto Giordano e Pietro Mascagni, andarono a vuoto, come inutile sarà il tentativo di esibizione con i Balletti russi di Djagilev: si consola con le Folies Bregères dove, mettendo per un momento da parte la danza orientale, si trasforma in gitana e, nell'estate del 1913 va in tournée in Italia, esibendosi a Roma, a Napoli e a Palermo. C'è un motivo, racconta, se ella conosce così bene i balli spagnoli: giovanissima, aveva sposato un nobile scozzese, con il quale visse in un antico castello; dopo il fallimento del suo matrimonio, viaggiò molto e a lungo in Spagna, dove un torero si fece uccidere nell'arena, disperato per non essere stato da lei corrisposto.

Nel 1914 è a Berlino, per preparare un nuovo spettacolo nel quale intende interpretare una danza egiziana: nella sua stanza dell'albergo Cumberland, scrive lei stessa il libretto del balletto, La chimera, intanto che prevede per settembre di debuttare al Teatro Metropole in un altro spettacolo. Ma quello spettacolo non ci sarà mai: con l'assassinio del principe ereditario austriaco finisce la Belle Epoque e inizia, mentre gli eserciti europei si mobilitano, l'ennesima inutile strage.


La guerra e lo spionaggio
Quando l'esercito tedesco ha già invaso il Belgio, per svolgere quell'operazione a tenaglia che, con l'accerchiamento delle forze armate francesi, dovrebbe concludere rapidamente la guerra, Mata Hari è già partita per la Svizzera, da dove conta di rientrare in Francia, ma mentre i suoi bagagli proseguono il viaggio verso la terra francese, lei viene trattenuta alla frontiera e rimandata a Berlino. Nell'albergo ove è ritornata, senza bagaglio e denaro, un industriale olandese, Jon Kellermann, le offre il denaro per il viaggio, consigliandole di andare a Francoforte e di qui, tramite il consolato, passare la frontiera olandese. Il 14 agosto 1914 il funzionario del consolato olandese rilascia a Margaretha Geertuida Zelle, alta un metro e settantacinque, di capelli, in quell'occasione, biondi, il visto per raggiungere Amsterdam.

Qui diviene l'amante del banchiere van der Schalk e poi, trasferitasi a L'Aja, del barone Eduard Willem van der Capellen, colonnello degli ussari, che la soccorre generosamente nelle sue non poche necessità finanziarie. Il 24 dicembre 1915 Mata Hari è a Parigi, per recuperare il bagaglio e tentare nuovamente invano di ottenere una scrittura da Djagilev. Ha appena il tempo di divenire amante del maggiore belga Fernand Beaufort che, alla scadenza del permesso di soggiorno, il 4 gennaio 1916 deve fare ritorno in Olanda.

Sono frequenti le visite nella sua casa de L'Aja del console tedesco Alfred von Kramer che proprio in questo periodo l'avrebbe assoldata come spia al servizio della Germania, incaricandola di fornire informazioni sull'aeroporto di Contrexéville, presso Vittel, in Francia, dove potrà recarsi col pretesto di far visita a un suo amante, il capitano russo Vadim Masslov, che è ricoverato nell'ospedale di quella città. Mata Hari, ora agente H21, è istruita in Germania dalla famosa spia Elsbeth Schragmüller, più nota come Fraulein Doktor, che la immatricola come agente AF44.

La ballerina è già sorvegliata dal controspionaggio inglese e francese quando, il 24 maggio 1916 parte per la Spagna e di qui, il 14 giugno, per Parigi dove, tramite un ex-amante, il tenente di cavalleria Jean Hallaure, che è anche, senza che lei lo sappia, un agente francese, il 10 agosto si mette in contatto con il capitano Georges Ladoux, capo di una sezione del Deuxieme Bureau, il controspionaggio francese, per ottenere il permesso per Vittel. Ladoux le concede il visto e le propone di entrare al servizio della Francia - o forse è lei stessa che si propone come agente, vantando conoscenze importanti in Germania che potrebbero tornare utili alla causa della Francia

A Vittel fa anche vita mondana con i tanti ufficiali francesi che frequentano la stazione termale e dopo due settimane torna a Parigi, da dove, su istruzioni del capitano Ladoux, deve ritornare in Olanda via Spagna. Dopo essersi trattenuta alcuni giorni a Madrid, sempre sorvegliata dai francesi e dagli inglesi - ma sospetta anche ai tedeschi di fare il doppio gioco - a novembre s'imbarca da Vigo per L'Aja. Durante la sosta della nave a Falmouth, in Inghilterra, è arrestata perché scambiata con una ballerina di flamenco, Clara Benedix, sospetta spia tedesca. Interrogata a Londra e chiarito l'equivoco, dopo accordi presi con Ladoux, Scotland Yard la respinge in Spagna, dove sbarca nuovamente l'11 dicembre 1916.

A Madrid è in contatto sia con l'addetto militare all'ambasciata tedesca, Arnold von Kalle che con quello dell'ambasciata francese, il colonnello Joseph Denvignes, al quale riferisce delle manovre dei sottomarini tedeschi al largo delle coste del Marocco. I tedeschi decidono di disfarsi di Mata Hari, prima telegrafando messaggi non criptati in cui la donna è indicata come l'agente H21 e poi ordinandole di tornare in Francia. Il 31 dicembre 1916 Mata Hari tiene la sua ultima rappresentazione a Madrid. Il 2 gennaio 1917 è a Parigi e la mattina del 13 febbraio, arrestata nella sua camera dell'albergo Elisée Palace, viene rinchiusa nel carcere di Saint-Lazare.

Sarà fucilata due giorni dopo all'alba. Accompagnata dalla suora che gli ha dato conforto nel periodo di prigionia, vestendo il suo vestito migliore, rifiuta di essere bendata. Viene messa davanti al plotone di esecuzione formato da reduci dal fronte, perciò più motivati perché i reati di cui era accusata Mata Hari potevano aver provocato la morte di molti loro commilitoni. La sua morte provocò grandissimo clamore, dato che era diventata oramai una donna famosa.
 
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