La Cina è vicina

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lasagnetta84
icon13  view post Posted on 29/12/2007, 17:20




CINA TRA PRESENTE E FUTURO. CONTRADDIZIONI E PROSPETTIVE.



Era il 1997. La Cina riuscì a evitare il disastro generalizzato delle economie orientali, senza svalutare il renmibi (o yuan), per non far perdere potere d'acquisto ai cittadini, e riversando buona parte del prodotto in esportazione sul mercato interno. Questo passo fondamentale nella gestione economica del paese le permise l'ingresso nel WTO. In Italia i deputati di Rifondazione comunista si dichiararono contrari alla partecipazione della Cina, perché a loro avviso rafforzava il processo di "globalizzazione", apriva il mercato cinese "al grande capitale finanziario" ed apportava "gravi danni alle produzioni interne ed alle condizioni di vita delle masse popolari cinesi".

Si approdò così per la prima volta alla seppur facile definizione della Cina come "paese capitalistico emergente".

A tutt'oggi, il deficit commerciale europeo con la Repubblica Popolare ha raggiunto quota 100,8 miliardi di euro. Tra gennaio e agosto 2006 si trovava a quota 80,2 miliardi, un rialzo pari al 25,7%; l'anno scorso il deficit europeo è stato di 130,68 miliardi, in rialzo del 20,4% rispetto al 2005.

L'Europa è per la Cina il primo partner commerciale davanti sia agli Usa che al Giappone. Ciò detto non sorprende che la Cina abbia il terzo PIL mondiale dopo USA e Giappone.

La Cina è un vero e proprio nuovo impero economico che non ha mancato nel dare dimostrazione di forza, autonomia, influenza. Una dimostrazione è stato lo sganciamento valutario dal dollaro statunitense che ha portato un imponente rafforzamento nei confronti della moneta americana. Tuttavia, da quando si è sganciato dal dollaro (luglio 2005), lo yuan, mentre si è rivalutato di circa l'8,6% sul biglietto verde, si è deprezzato invece dell'11% contro l'euro e del 9,5% contro la sterlina. Due facce della stessa moneta.

Lo sviluppo cinese è in gran parte basato sulla subfornitura, sull'assemblaggio e le lavorazioni per conto di committenti all'estero. Il gigante asiatico infatti importa materie prime e componentistica dal resto dell'Asia e riesporta la produzione verso i Paesi più sviluppati (soprattutto gli Stati Uniti) a prezzi modici, grazie principalmente ai bassi salari interni.

Il sistema produttivo quindi è caratterizzato da un basso valore aggiunto interno pari, in media, inclusi i salari, solo a circa il 25 o 30 % del valore delle commesse, valore che decresce se si parla di prodotti hi-tech.

Nella fase di trapasso dalla rigida struttura economica maoista, l'adozione di tale modello produttivo ha avuto il vantaggio di accelerare l'ammodernamento industriale, accollandone il finanziamento agli investitori stranieri per circa l'80% del totale. Ergo il dispendio principale di nel sistema industriale cinese è riconducibile a importazioni e (per parte minore) risorse umane. Per la manodopera, in larga parte strappata ad un'agricoltura di mera sussistenza e che cinquant'anni di feroce dittatura hanno reso docile ad ogni privazione, è plausibile che le spese siano più che sostenibili. Tale condizione potrà però permanere solo finché le autorità riusciranno ad applicare i metodi "forti" con cui sono abituate a risolvere problemi.

Il dumping sociale, condizioni di lavoro "ingiuste" che livellano verso il basso il costo del lavoro e dunque rendono i prodotti cinesi "ingiustamente" competitivi, è quindi favorevole momentaneamente a contenere il dispendio ma, allo stesso tempo, sta creando al gigante asiatico forti tensioni sul fronte internazionale. Molti paesi della comunità internazionale infatti hanno richiesto il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori per investire nell'industria cinese o comunque per instaurare rapporti economici privilegiati (come quelli russo-cinesi).

E' così, la Repubblica Popolare Cinese mostra aspetti di grande sviluppo e allo stesso tempo, scene da terzo mondo. E' il Giano Bifronte dell'economia mondiale, il colosso del PIL che però mostra troppi squilibri, troppa povertà. Il drago dalle zampe di terracotta. Al consistente PIL nazionale infatti fa da contraltare uno dei più bassi PIL pro capite. La presenza in Cina di moltissimi miliardari e milionari in dollari non deve sviare. Il grande squilibrio tra i molti super ricchi e i troppi poverissimi (quelli che vivono con un dollaro al giorno e quelli che dalle campagne si trasferiscono nelle città, senza le loro famiglie, per due o tre dollari in più al giorno), estrinseca le contraddizioni interne di un paese che con i suoi conti si mostra al mondo come ricco e potente. Ma come può essere un paese ricco e potente se la maggioranza dei suoi cittadini vive in miseria? Certo, le prime rimostranze dei lavoratori ci sono, la consapevolezza degli operai è cresciuta, come storicamente è avvenuto ovunque nei periodi di industrializzazione massiccia, e si sta scagliando seppur timidamente contro un sistema in cui manca il diritto di formare un sindacato e che permette il lavoro minorile. Ciò detto bisogna ammettere che grande povertà, una riserva infinita di braccia e una produttività più bassa sono i fattori che inducono principalmente i lavoratori cinesi ad accettare un salario minimo in condizioni spesso infime e precarie.

Evocando il termine contraddizioni, non si può non pensare subito al fatto che la crescita economica della Cina è dovuta in buona parte all'attenta gestione delle nascite, per dirla con un eufemismo. Il "controllo delle nascite": aspetto negativo, forse il peggiore, del grande sviluppo, se di sviluppo di una società si può parlare allorché si nega da regolamento la vita a un essere umano.

Il presente e il futuro, economico e non, della RPC non sono così rosei. Il nuovo colosso dell'economia mondiale, infatti, deve fare i conti con le sempre più frequenti rimostranze della comunità internazionale che potrebbero compromettere i rapporti interstatali, le difficoltà nell'approvvigionamento energetico, la necessità di mantenere un sistema repressivo, le primissime manifestazioni operaie, il vuoto etico nato nell'amministrazione dello stato.

La mancanza di sussistenza energetica è, economicamente, l'aspetto più preoccupante in prospettiva per l'economia del colosso asiatico:

per coprire il fabbisogno di energia la Cina si indirizza verso fonti energetiche quali petrolio, gas naturale, energia idraulica e nucleare. Per quanto riguarda il gas naturale lo stato, come ha già riferito AsiaNews, ha firmato accordi di lungo termine per forniture da Australia, Indonesia Turkmenistan e Siberia Orientale. Molti sono gli impianti per l'idroelettrica in costruzione mentre l'energia nucleare si prevede che nel 2020 fornirà 36 milioni di chilowatt, il 4 % del consumo elettrico. I tempi di realizzazione sono però lunghi ed enormi gli investimenti necessari...
 
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