| Sofocle abolì l'obbligo della "trilogia legata", introdusse nella tragedia il terzo attore, portò da dodici a quindici i coreuti e perfezionò l'uso di scenografie(innovazioni di cui parla Aristotele, Poetica, 49a). L'introduzione del terzo attore, da cui risultava superata la rigida contrapposizione di due posizioni antitetiche, avrebbe avuto per conseguenza una maggiore articolazione dei rapporti interpersonali ed una nuova scioltezza dinamica del ritmo teatrale. L'aumento del numero dei coreuti da dodici a quindici infatti avrebbe consentito di accentuare la funzione del corifeo e dell'elemento spettacolare.
Sofocle scrisse, secondo la tradizione, ben centoventitré tragedie, di cui ne restano solo sette: Antigone (442 a.C.), Aiace, Edipo re, Elettra, Filottete (409 a.C.), Le Trachinie ed Edipo a Colono (406 a.C.). I suoi eroi erano immersi in un mondo di contraddizioni insanabili, di conflitti con forze inevitabilmente destinate a travolgerli. Il suo contributo originale allo sviluppo della tragedia greca fu rappresentato dall'accentuazione dell'umanità dei personaggi, che avevano tutti in sé qualcosa di guasto, una tabe fisica e psichica. I personaggi sofoclei erano anche generosi e buoni, ma erano smisuratamente soli e portati alla tragedia dal male che avevano in sé. Ciò nonostante, non apparivano mai schiacciati del tutto dal fato, ma proprio nella vana lotta contro di esso, ricevevano una piena dimensione umana, portatrice di un destino di dannazione e, contemporaneamente, di gloria.
Rispetto a Eschilo, i cori tragici sofoclei si defilano dall'azione, partecipano sempre meno attivamente e diventano piuttosto spettatori e commentatori dei fatti. È di Sofocle l'introduzione del monologo (in greco ρήσις, rhesis) - per esempio, quelli di Aiace o di Edipo - che permetteva all'attore di mostrare la sua abilità e al personaggio di esprimere compiutamente i propri pensieri. La psicologia dei personaggi si approfondisce, emerge una inedita analisi della realtà e dell'uomo. Sofocle tentò di togliere l'enfasi (onkos) ai suoi personaggi, per restituirne completamente la drammaticità, in un mondo descritto come ingiusto e privo di luce. Nell'Edipo a Colono, il coro ripete «la sorte migliore è non nascere». Gli eventi che schiacciano le esistenze degli eroi non sono in alcun modo spiegabili o giustificabili, e in questo possiamo vedere l'inizio di una sofferta riflessione sulla condizione umana, ancora attuale nel mondo contemporaneo.
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